Il mercato delle parole scontate

Quando inizi a scrivere per comunicare prodotti e aziende, tuo malgrado, ti imbatti in una marea di parole scontate e commetti inevitabilmente l’errore di utilizzarle fino a che, un giorno, l’esperienza ti fa sentire più sicuro di te stesso e allora le abbandoni del tutto.

Ribadisco che si tratta di un percorso inevitabile, una sorta di rito di iniziazione per entrare nel mondo del content marketing. Quelle parole ti fanno sentire parte di un gruppo e quindi soprattutto all’inizio ti senti bene ad utilizzarle.

Poi passa il tempo, aumenta l’esperienza e quelle parole a cui eri tanto affezionato ti fanno sentire ingabbiato. Ti rendi conto che non sono del tutto efficaci come ti hanno voluto far credere in precedenza. Ora che ti senti più pronto e consapevole puoi utilizzare altre parole, concederti il lusso di sceglierle, fino a spingerti a crearne di nuove.

In questo modo scrivere non ti sembra più un gioco arido, ma uno strumento prezioso nelle tue mani da gestire con estrema cura e attenzione.

Orlando, il protagonista del mio libro, ‘Orlando e il mercato delle parole scontate’, ha la fortuna di essere istruito da uno spirito guida che gli fa toccare con mano, fin da subito, quanto possa essere deleterio il mercato delle parole scontate.

Noi comuni mortali non abbiamo fantasmi guida ad aiutarci ma possiamo evolverci e utilizzare le parole non come semplici tasselli di un puzzle ma come portatori di significato e valore.

Il copy alle prime armi e la gestione del tempo in base al lavoro

Quando iniziai a lavorare come copy, scrivevo contenuti per una società che gestiva anche un magazine online, al quale davo il mio contributo con delle interviste fatte a personaggi di spicco in ambito hi-tech.

Erano interviste che richiedevano un certo lavoro di ricerca e studio e mi venivano pagate anche bene. Il mio capo non mi metteva fretta, mi concedeva tutto il tempo di cui avevo bisogno.

Capitò un giorno in cui c’era da sostituire il redattore che si occupava delle rubriche musica e gossip. Mi fu chiesto di fare delle interviste ad un cantante del posto abbastanza famoso. Questa volta accadde qualcosa di diverso, dopo un paio d’ore il capo mi chiamò e mi chiese se le domande erano pronte. Quando gli dissi di no lui mi rispose: ” Simona devi gestire meglio il tuo tempo in base al lavoro da svolgere. In questo caso l’intervista che ti abbiamo assegnato non deve richiedere più di un’oretta.”

Imparai la lezione e da quel momento ho messo da parte la mia mania di perfezionismo che in alcuni casi per il cliente è sinonimo di perdita di tempo e l’ho riservata solo a determinati progetti, che richiedono tempo e dedizione.

Orlando e il mercato delle parole scontate il libro per i copy alle prime armi.

Chi è Orlando? Vi presento il protagonista

Orlando, il protagonista del mio libro “Orlando e il mercato delle parole scontate” è un ragazzo di provincia il cui sogno è quello di scrivere le frasi della pubblicità. Un’intuizione che ha a 10 anni, mentre guarda uno spot in tv.

Le sue caratteristiche sono sensibilità e determinazione. Vuole fare il mestiere del copy a tutti i costi e non si scoraggia di fronte alle avversità che gli si presentano di volta in volta.

È un ragazzo che trasuda normalità da tutti i pori e forse per questo riesce più facile identificarsi con lui.

La sua natura volitiva lo accompagnerà sempre, dagli esordi ai momenti di gloria, durante il l’allontanamento forzato dal mestiere di copy, fino al momento in cui capisce qual è la sua strada.

In questa era digitale che ci ha abituati a guru del web che si palesano sui social con le loro best performance e i loro successi, Orlando vi mostrerà l’altra faccia della medaglia, fatta di tentativi, insicurezze e fallimenti.

Non solo, Orlando è uno che ci prova fino a quando non trova la sua vera strada, la sua missione personale e per lui questo sarà il successo.

Perché ho scritto un libro?

L’idea del libro “Orlando e il mercato delle parole scontate”, nasce un paio di anni fa, quando avevo l’intenzione di scrivere un ebook dedicato ai copy, in cui parlare delle insidie linguistiche che si presentano sotto forma di canto delle sirene soprattutto quando si è agli esordi.

In quell’ebook c’erano parti “formative” e storie inventate, attraverso le quali rendere meglio il concetto. Facendolo leggere a qualche amico mi sono resa conto che in realtà ciò che piaceva di più erano proprio i racconti. Per cui mi sono detta che forse valeva la pena insistere con il racconto. Ho deciso quindi di abbandonare l’idea dell’ebook formativo e scrivere un testo di narrativa, un romanzo breve, il cui protagonista è Orlando, un aspirante copy che lungo la sua carriera si imbatte in innumerevoli ostacoli e tocca con mano le trappole insite nel mercato delle parole scontate.

Orlando non è un personaggio strong, nei termini in cui siamo abituati a pensarlo oggi. Né fisicamente, né caratterialmente ha la stoffa del leader. Orlando è uno di noi con un grande sogno, quello di diventare copy. E’ soprattutto volitivo. Caratterizzato da tratti a dir poco comici, da grande sensibilità e voglia di farcela, è uno che non molla mai.

Orlando si imbatte in agenzie un po’ strambe, in agenzie famose e in agenzie che fanno il loro lavoro scrupolosamente. Scopre meccanismi esterni ed interni con cui prima o poi qualsiasi copy deve fare i conti. E poi ne esce vincitore. Ma in che modo? Diventando un copy famoso, di successo, come era il suo sogno iniziale? La sua vittoria ancora una volta non è quella canonica, che ci aspetteremmo tutti.

Scrivere questo libro mi ha fatto confrontare con alcuni episodi personali che non potevo non raccontare. E’ stato un po’ faticoso scriverlo perché è capitato in un momento della mia vita in cui tutto è cambiato, in cui sono saltati alcuni punti di riferimento. Credo che questo progetto nasca proprio dal desiderio di rimanere salda, in un momento di grande instabilità. Avevo bisogno di creare dal nulla qualcosa, qualcosa di solo, esclusivamente mio.

Orlando e il mercato della parole scontate

Ogni tanto nella vita bisogna rischiare, smuovere le acque, fare in modo che qualcosa succeda. E così ho deciso che oggi era il gran giorno per pubblicare in autonomia il mio libro “Oralndo e il mercato delle parole scontate.”

Dopo aver passato giorni a rileggere, rieditare, mi sono detta che era arrivato il momento di farlo leggere anche agli altri e che se avessi atteso che amici e parenti, presissimi dalle loro vite, avessero trovato il tempo per farmi la fatidica domanda: “Me lo fai leggere?” avrei corso il rischio di diventare vecchia e decrepita.

La storia di Orlando è un po’ anche mia, è quella di un aspirante copywriter a cui un giorno il destino decide di bussare alla sua porta e di fargli capire che da grande vorrà fare “quello che scrive le frasi della pubblicità”. Da quel giorno Orlando non smette di guardare le pubblicità in tv mentre continua la sua vita normale. Studia, si laurea e poi inizia a cercare lavoro. Riuscirà Orlando a dare retta al destino e realizzare il suo sogno? Lo farà a modo suo trasformando quest’aspirazione in una vera e propria missione, in cui c’entra il mercato delle parole scontate e un fantasma guida.

Si tratta di un libro che può fare da guida ai copywriter esordienti che attraverso le “avventure di Orlando” possono capire come muovere i primi passi nel fantasmagorico mondo del comunicazione.

Il libro Orlando e il mercato delle parole scontate è disponibile in version ebook sul Kindle Store di Amazon.

Buona lettura.

Orlando e l’attesa dell’email


Orlando tornò a casa nel primo pomeriggio, totalmente adrenalinico. La madre non lo riconosceva, sembrava un invasato mentre raccontava del colloquio, del suo primo progetto a cui aveva lavorato, della soddisfazione di Filippo nel leggere le sue parole, proprio quelle scritte da lui.
Raccontò tutto per filo e per segno e quando la madre gli chiese del tipo di inquadramento, dello stipendio lui rispose con tanta pazienza con le stesse parole di Filippo, specificando che ora non era semplicemente uno stagista, ma addirittura il co-fondatore.
“La stima che mi sono guadagnato è tale, mamma, che a breve firmerò un contratto di socio co-fondatore, di una grande azienda.”
La madre spinta dal tipico istinto ancestrale che appartiene a tutti i genitori, si fece solo promettere dal figlio che avrebbe fatto leggere il contratto al loro commercialista prima di firmarlo e che non avrebbe cacciato soldi di tasca sua.
Orlando la guardò con occhi benevoli, e pur di non farla preoccupare acconsentì pensando tra sé e sè: “Non appena i guadagni della mia agenzia saranno corposi, vado a vivere da solo.”
Basta, bisognava tagliare quel cordone ombelicale. Oramai aveva 25 anni, doveva lanciarsi nel mondo degli adulti.
Dopo aver scaricato l’adrenalina, non gli rimase che attendere la famosa email contenente il contratto.
Attese un pomeriggio, una sera e una notte. Dell’email nessuna traccia. L’indomani decise quindi di uscire a fare una passeggiata: aveva bisogno di distrarsi nell’attesa del grande momento. “Del resto si sa, le cose belle arrivano quando meno te l’aspetti.”
Dopo la passeggiata decise di portarsi avanti con il lavoro e si mise al pc alla ricerca degli ultimi spot di successo per rieditarli, pratica questa che lo faceva sentire sicuro, lo calmava.
Passò nel frattempo un altro pomeriggio, un’altra sera e un’altra notte. Dell’email dalla Big Agency Communication nemmeno l’ombra.
Era giunto il weekend e lì smise di aspettare perché sapeva benissimo che di sabato e di domenica non si inviavano contratti. Tuttavia giusto per essere sempre sul pezzo una sbirciatina all’email, un paio di volte, non disdegnò di darla.
La domenica gli sembrò interminabile. Aveva esaurito tutti gli amici a cui raccontare della sua grande esperienza lavorativa, e la pratica di riscrivere pubblicità già fatte da altri, gli sembrò all’improvviso un’esercitazione puerile, soprattutto dopo che aveva sperimentato cosa significasse lavorare per davvero. Certo era stato solo un payoff, ma era sempre un buon inizio visto che lo aveva portato a diventare un socio di un’agenzia di comunicazione.
Orlando il lunedì seguente era in piedi dalle 6.00 del mattino ed era carico di aspettative. Con la sua tazza di latte caldo tra le mani si immaginava il momento preciso in cui sarebbe arrivata la fatidica email. Di sicuro lo avrebbe colto di sorpresa, come tutte le cose meravigliose.
Era una bellissima giornata, il cielo era terso e tutto il cosmo sembrava gridargli che quel giorno sarebbe stato il gran giorno.
Dalle 9.00 in punto incominciò a controllare l’email, circa ogni 5 secondi. Si fece così ora di pranzo, e in quell’oretta in cui fu costretto a stare lontano dal pc si sentì decisamente a disagio.
Verso le 14.00 con in bocca ancora l’ultimo morso di mela si riposizionò davanti allo schermo e controllò. Incominciò a spazientirsi. Quella maledetta email non ne voleva sapere di arrivare. Eppure Filippo lo aveva lasciato con un sorriso soddisfatto e una stretta di mano. Certo se era andato così bene avrebbe potuto farglielo firmare anche direttamente lì il contratto. E invece no con l’idea di inviarglielo via email aveva dimostrato di avere un grande rispetto nei suoi confronti, dandogli del tempo per leggerlo in tutta tranquillità.
Nel frattempo il pomeriggio diventò sera, la sera notte e il lunedì svanì con tutte le sue belle speranze.
Martedì ore 6.00 Orlando era nuovamente in piedi e dato che aveva una capacità di autoricaricarsi in positivo, era di nuovo lì in trepidante attesa della fatidica email.
La mattina volò via perché nel controllo forsennato dell’email aveva notato un’altra offerta di lavoro interessante e poiché una vocina interiore gli diceva che forse era il caso di guardarsi anche attorno, aveva deciso di inviare il curriculum per candidarsi.
Gli era inoltre arrivata la notifica che l’ultimo libro sul copywriting era disponibile in libreria, per cui dopo aver fatto il suo dovere di aspirante copy in cerca di lavoro, decise di ascoltare il richiamo del libro nuovo di zecca.
Il pomeriggio ritornò alla sua email, ma più passava il tempo più si rendeva conto che forse aveva mal riposto le sue aspettative nella Big Agency Communication. A mente più lucida, a mano a mano che l’effetto ipnotico di Filippo scemava, rivalutò la location, davvero piccola, e d’un tratto l’adesivo sulla porta d’ingresso gli sembrò estremamente ridicolo. Quando pensò al concetto ‘nomad worker’ riuscì perfino a riderci su. Per cui il mercoledì seguente, la Big Agency Communication era solo un vaghissimo ricordo.
Ciò che invece gli era rimasto impresso era l’adrenalina del momento della realizzazione del payoff, quella non l’aveva dimenticata e avrebbe fatto di tutto per farla una costante del suo futuro lavoro, che con grande gioia della madre, non sarebbe stato alla Big Agency Communication.

Orlando incontra Igovyl

Orlando non poteva credere a ciò che stava succedendo: era tale la fiducia che il suo forse datore di lavoro gli aveva accordato, da lasciarlo solo nell’ufficio a cercare una soluzione al suo problema.

Pieno di orgoglio si disse: “Dai Orlando, metticela tutta, è la tua occasione d’oro!”

Orlando era lì da solo davanti al computer, chiuso nell’ufficio della Big Agency Communication nel tipico stato d’animo di chi non sa che pesci pigliare.

Filippo gli aveva detto poco e niente di questo lavoro e non sapeva davvero da dove iniziare. Quanto avrebbe dato per poter partecipare almeno ad una riunione con il cliente, o con qualunque anima viva del settore per far girare il cervello nel verso giusto. Ma era lì solo davanti al pc.

La posta in gioco era troppo alta per farsi prendere dal panico, per cui disse a se stesso: “Se non ti sei fermato davanti all’ascensore esterno e non ti sei tirato indietro nemmeno davanti al caffè, non puoi farlo proprio ora! Per cui forza e coraggio e cerca online qualcosa sull’azienda.”

La fortuna del principiante venne in suo soccorso e scoprì che il capo di questi ristoranti aveva rilasciato almeno una decina di interviste in cui spiegava perfettamente il know how della sua azienda. Orlando prese appunti e poi diede uno sguardo ai competitor. Altro che leader del settore, ce n’erano almeno una ventina che facevano la stessa cosa. Bisognava trovare l’elemento differenziate, ciò che rendeva unico quel cliente.

Prese carta e penna, alla vecchia maniera e d’improvviso sentì una leggera brezza all’interno dell’ufficio. Come se qualcuno avesse soffiato sul suo foglio. Si sporse in avanti per impedire che cadesse a terra, non riuscì ad afferrarlo e allora si chinò per raccoglierlo dal pavimento. Giusto il tempo di toccarlo e il foglio riprese il suo volo e poi di nuovo a terra. Orlando dopo un po’ si fermò: “Cosa diamine sta succedendo?” Si guardò intorno alla ricerca di una finestra o balcone da chiudere. C’era solo un piccolo oblò chiuso ermeticamente. Rimase perplesso. Quando il foglio decise di fermarsi di nuovo sul suo tavolo, al posto dove lo aveva messo lui inizialmente, Orlando sentì un colpo di tosse. Volse la testa nella direzione del rumore e si rese conto di non essere solo. C’era un giovanotto, vestito in giacca e cravatta, molto old style, portava i capelli pettinati all’indietro, aveva barba e baffi a manubrio, e fumava una pipa, era sorridente ma dallo sguardo trapelava una certa aria di sufficienza: “Ciao Orlando sono Igovyl”, e gli tese la mano con fare molto aperto. Una bella stretta di mano, forte e decisa, questa fu la prima sensazione che ebbe Orlando che a sua volta rispose: “Piacere di conoscerti…Lavori anche tu alla Big Agency Communication?”

L’altro esplose in una fragorosa risata e, dopo aver tirato la pipa ed essersi accarezzato i baffi, si limitò a rispondere: “Big? Qui di grande non vedo proprio niente. Ricorda Orlando, chi si presenta ad un meeting come un idraulico senza attrezzi, senza analisi di mercato, flow charts, documenti ecc…non merita l’attenzione di nessuno, e né tampoco la tua…”

Orlando rimase interdetto, poi abbassò lo sguardo sul foglio che aveva davanti a sé e miracolosamente la frase pronunciata da Igovyl comparve proprio davanti ai suoi occhi con una grafia che non era la sua. Alzò lo sguardo per chiedere maggiori informazioni ma Igovyl non era più nella stanza. Volatilizzato.

Il tempo scorreva implacabile e Orlando era lì, seduto alla scrivania, perché voleva quel lavoro a tutti i costi. Per cui decise di mettere da parte quella strana apparizione e si concentrò sul payoff da trovare prima che Filippo fosse di ritorno.

Preso dall’ansia incominciò a buttare giù qualche frase:

I buongustai, la migliore forchetta milanese
La tradizione è tutto soprattutto quella culinaria
I buongustai, il cibo buono realizzato ad arte
I buongustai, gli artigiani dei piatti…

Improvvisamente sentì dei passi che si avvicinavano alla porta, in preda all’ansia non sapeva più quale frase fosse la migliore, quando apparve sull’uscio un Filippo raggiante: “Orlando scusa se ci ho messo tutto questo tempo, spero non ti sia annoiato…”
Orlando ricambiò il sorriso e rispose: “ Per niente! Ho avuto anche modo di conoscere Igovyl, è stato qui per pochi minuti.”

“Igo chi?” chiese Filippo perplesso, che sentiva quel nome strambo per la prima volta. Dato però che non era sua indole prestare troppa attenzione al suo interlocutore, decise di archiviare la notizia e si fiondò letteralmente sul foglio di Orlando, lesse quello che c’era scritto, poi pronunciò euforico testuali parole: “Questa è roba che scotta…Ci siamo, ne sono convinto!” E preso dall’entusiasmo lo baciò in fronte.

Ad Orlando non fu dato sapere quale delle sue frasi fosse stata scelta da Filippo, ma a lui interessava ben poco, in quel momento. Il suo unico interesse era quello di ottenere lo stage per la Big Agency Communication.

Prese quindi coraggio e chiese timidamente: “Dunque Filippo sono stato scelto per lo stage?”

“Stage? Ma che stage Orlando. Con questo ottimo lavoro ti sei guadagnato il ruolo di socio co-fondatore! Da oggi tu sei al mio pari. Divideremo gioie e dolori. E per il momento, mi spiace comunicartelo, mi sa che sono più i dolori che le gioie. Ma noi riusciremo a sfondare e diventeremo una grande agenzia! Ne sono sicuro!”

Orlando non credeva alle sue orecchie, era entrato in quel luogo da spiantato ed usciva con una società tra le mani. La fortuna lo aveva proprio baciato.

Uscito dalla Big Agency Communication il suo entusiasmo svanì: doveva affrontare di nuovo il mostro, l’ascensore esterno. Si fece coraggio ed entrò nell’abitacolo mostruoso. “Hey ci rincontriamo…” Orlando scosso dai suoi pensieri ansiogeni riconobbe la voce amichevole di Igovyl e rispose entusiasta: “Ciao, sai il colloquio è andato benissimo…”

Igovyl lo guardò dritto negli occhi e dopo una lieve carezza ai baffi rispose sprezzante: “Fai attenzione! Chi si presenta ad un meeting come un idraulico senza attrezzi non merita l’attenzione di nessuno, né tampoco la tua…”

Uscirono dall’ascensore e Orlando perplesso si girò verso di lui per chiedergli cosa significasse quella frase, ma di Igovyl non c’era più traccia, l’unico elemento che testimoniava la sua presenza era l’odore acre della sua pipa.

Era scomparso di nuovo. Infastidito da questo atteggiamento alquanto bizzarro, Orlando decise di ignorarlo del tutto. Se ne tornò a casa, sicuro che nel giro di poche ore sarebbe arrivato nella sua email il fatidico contratto di co-fondatore della Big Agency Communication.

Orlando scopre il mestiere del copywriter

La vita di Orlando proseguì apparentemente indifferente al suo sogno di scrivere le frasi della pubblicità, si laureò in lingue all’età di 23 anni, poi seguì un corso per correttore di bozze e all’età di 25 decise che era giunto il momento di mettere a frutto i suoi anni di studio, cercando di piazzarsi sul mercato del lavoro.

La sua ricerca lo portò ad imbattersi in una parola che fin da subito suscitò il suo interesse: copywriter. C’erano una decina di offerte di lavoro al giorno per il copywriter e la cosa lo incuriosì a tal punto da indurlo a capire in cosa consistesse quella professione.

Con suo grande stupore scoprì che tra le tante mansioni del copy c’era proprio quella di: “scrivere frasi per la pubblicità”. La mente lo portò indietro di qualche anno, all’età di 10 anni con precisione, quando aveva visto quello spot in tv e aveva urlato alla madre: “da grande voglio fare quello che scrive le frasi per le pubblicità!”

Senza pensarci su due volte si mise alla ricerca di libri sul copywriting e dei relativi corsi formativi. Incominciò a comprare libri, li divorò come il pane; c’era un mondo da scoprire, da capire, da studiare, approfondire: il fantasmagorico mondo del copy!

Nel giro di poco tempo riuscì a farsi una cultura sufficiente sul mestiere del copy, un ibrido fatto di connotati umani e tanta creatività. Era colui che insieme all’art director produceva spot televisivi, radiofonici o su carta. Creatività geniali, capaci di far smuovere la gente, di indurla ad uscire dalla propria casa per acquistare quel prodotto che avrebbe fatto miracoli sui capelli, sul corpo, contro lo sporco in cucina, per avere quell’auto che l’avrebbe fatta sentire sicura, ricca, potente.

Tutto questo lo faceva il copy, dopo estenuanti riunioni con quelli del reparto marketing, in cui si parlava di prodotto, di indagini di mercato, dopo sessioni di brainstorming con l’art director.

Il copy dopo aver spremuto ben bene le proprie meningi partoriva testi da far girare la testa anche al più cieco dei ciechi.

Sì, era questo che voleva fare, che ogni fibra del suo corpo anelava a fare. Indubbiamente.

La maggior parte degli annunci di lavoro richiedeva abilità nella scrittura e su questo non ci pioveva. Orlando era in grado di far volare le parole, maneggiava con grande maestria tutte le figure retoriche: metafore, allitterazione, ossimori;

padronanza di almeno una lingua straniera e grazie alla sua laurea in lingue soddisfaceva anche questo requisito;

creatività: certo su quella ci si poteva ancora lavorare anche se nel corso degli anni Orlando si era allenato riformulando gli spot televisivi che lo avevano colpito di più, così come si era buttato anche nella creazione di jingle radiofonici, tant’è che i cassetti della sua scrivania straripavano di fogli contenenti idee a volte geniali a volte un po’ banali, ma comunque a testimoniare che non aveva coltivato il suo sogno nel cassetto solo nella sua testa, ma ci aveva lavorato su in un modo che potremmo definire quasi ossessivo.

Abilità della scrittura, lingua straniera, creatività, il tutto veniva ricompensato con una proposta di contratto che oscillava dallo stage in agenzia con il solo rimborso spese al lavoro retribuito con uno stipendio da fame.

Essendo abbagliato dalla possibilità un giorno di vedere la propria firma sotto a spot televisivi e non, sarebbe stato disposto a tutto pur di lavorare in agenzia. Il lavoro da remoto gli puzzava di anonimato. Orlando voleva essere lì, annusare le copertine di giornali su cui erano apparse le pubblicità partorite dalle menti creative dell’agenzia, bramava di partecipare alle riunioni, voleva discutere con i colleghi dell’ultima tendenza made in USA, voleva toccare con mano la scrivania del copy di punta dell’agenzia, vederlo con la testa china sul pc, o mentre era in preda al delirio creativo, fumando una sigaretta dopo l’altra. Cosa avrebbe dato per vivere quell’atmosfera. Al confronto tutti gli altri lavori gli sembravano spenti, inutili.

Dopo aver inviato svariati curricula senza aver ricevuto risposta, arrivò il fatidico giorno anche per lui: una grande agenzia sita manco a farlo a posta nel capoluogo di provincia, distante una trentina di chilometri dal suo paese, lo aveva convocato per uno stage da copy.

Contenuti unici: salviamo questa frase dall’abuso

Ho seguito di recente alcuni corsi sul blogging e copywriting e sulla comunicazione e ho riscontrato un unico comune denominatore: sottolineare l’importanza di costruire contenuti unici.

Unicità dei contenuti è una delle frasi più gettonate e forse sta diventando uno di quei modi di dire destinati all’abuso, e allo svuotamento del suo significato. Produrre un contenuto unico che non faccia il verso a chi lo ha già scritto da tempo non è da tutti.

Quando inizi a lavorare nel mondo della comunicazione, incominci a guardarti intorno, a vedere quali contenuti producono  i guru del web. Inizi così a cavalcare l’onda di un contenuto vincente già proposto da altri. Se sei bravo con il personal branding e ad instaurare relazioni online con chi è del settore, incominci ad avere la tua cerchia di clienti. Sopraffatto dalla routine lavorativa, assorbito totalmente dalle scadenze, cerchi di rimanere a galla e i tuoi buoni propositi di creare contenuti unici vanno a farsi benedire. Certo, per i tuoi clienti, un minimo di unicità cerchi di mantenerla, perché sei un professionista, ma quel tanto che basta a chi non è del settore per essere soddisfatto e a te, come lavoratore, per affermare di aver fatto il tuo in modo onesto e pulito.

Impostare la propria professione in questo modo ti costringe a stare dietro ad ogni novità, ad ogni contenuto unico proposto da altri. E così passi il tempo a rincorrere clienti, a rincorrere gli ultimi aggiornamenti nel campo della comunicazione, a rincorrere i profili social su canali nati di recente che stanno diventando di successo. Un’eterna corsa.

Più o meno se ti va bene va in questo modo, anzi no se ti va così ti va alla grande. A dispetto di tutto e tutti hai fatto della tua passione un lavoro con il quale ci campi pure.

Nel bel mezzo della carriera professionale ti balena pure l’ idea di realizzare un ebook, un video tutorial, un mini corso sulla comunicazione o di essere invitato a partecipare ad una conferenza che ti viene proposta proprio da uno di questi guru del web con i quali, grazie al tuo personal branding impeccabile, hai costruito un’ottima relazione. Sei chiamato a formare nuove menti, coloro che come te quando hai iniziato a muovere i primi passi, ti guardano come custode della verità assoluta della comunicazione. E cosa proponi a questi speranzosi giovani come momento formativo più importante? La risposta è ovvia: l’importanza di costruire contenuti unici.

E i tuoi contenuti unici dove sono finiti? Si sono persi forse nel mentre che cavalcavi l’onda del successo inseguito già da altri e pensavi “se è andata bene per loro perché non dovrebbe andare bene pure per me?”. Oppure sono andati perduti mentre ascoltavi i tuoi clienti e propinavi loro il piano editoriale strutturato dove nulla è lasciato al caso e spazio per l’originalità ce n’è poco?Pardon, per l’unicità. Perché l’originalità può portare in sé connotazioni negative, quali voler apparire diverso a tutti i costi, rasentando il ridicolo.

Si parla di unicità, ovvero il tuo unico e solo io produce qualcosa di meraviglioso per gli altri, e in quanto tale è diverso da qualsiasi altra persona. Il tuo contributo al miglioramento della comunicazione di cui tanto si parla qual è?

Il tassello mancante che tu e solo tu potevi, potresti, puoi aggiungere al mondo della comunicazione dov’è finito?

Ma tutto questo non è colpa tua. Anzi significa che sei entrato talmente bene nel sistema che non hai bisogno di metterlo in discussione, non hai l’esigenza, l’urgenza di scardinarlo per renderlo migliore. Vuol dire che hai trovato l’habitat lavorativo giusto per te. E di questo non puoi che esserne felice.

Però allora non tiriamo in ballo il concetto di unicità sempre e in ogni dove pur di sembrare originali. Perché a buttarla sempre lì la parola unicità, legata ai contenuti, commettiamo il solito abuso di qualcosa che può essere ancora salvato da un triste destino.

L’unicità va raccontata come un percorso lungo e faticoso che richiede tempo, costanza, impegno e tanta solitudine. Produrre un contenuto unico significa nella reale maggior parte dei casi che esso non venga capito subito perché in quanto unico non ha termini di paragone. Se li avesse non sarebbe tale.  Significa avere il coraggio di mettersi in gioco, ogni giorno, sperimentare. Peccato che tutte queste parole siano abusate e come al solito cadano nel nulla, perché prive di significato.

Provo allora a dirle in un altro modo. Produrre un contenuto unico significa andare a tentoni nel buio più pesto che c’è, non avere punti di riferimento, provare e riprovare fino a quando esso non venga accettato dalla platea. Vuol dire riuscire a creare un bisogno nel tuo pubblico che prima non sapeva di avere o quantomeno non aveva il coraggio di dichiararlo.

Mente aperta, duttile, che contempla l’errore e anche la delusione e la solitudine e la capacità di perseguire un obiettivo con costanza.

Raccontare il contenuto unico in questo modo può avere un senso. Non si smetterà mai di averne bisogno. I contenuti unici sono boccate di ossigeno, aprono la mente che si concentra su percorsi non comuni.

Per parlare di unicità e proporla come possibile occasione per avere successo nel proprio lavoro o per fare un lavoro soddisfacente bisogna partire da sé stessi e proporsi come modello, con  il proprio esempio.

Salviamola questa parola dal suo triste e inesorabile destino: che l’unicità resti tale e con essa anche il contenuto.