Leggendo qua e là sulle competenze trasversali, ho imparato qualcosa che mi ha fatto davvero “emozionare” e che condivido a pieno: automotivazione e intraprendenza fanno pare delle soft skills. Come mai sono tanto emozionata? Perché le ho entrambe! Faccio fatica ad essere empatica, non avrò tutta questa leadership e capacità di impormi, ma quando mi devo reinventare non c’è nessuno che mi possa fermare. In realtà funziona più o meno così, personalmente: quando qualcuno mi dà un due di picche, mi blocca un progetto, mi dà il benservito, scatta qualcosa in me, una sorta di furia, che mi fa leggere, studiare, approfondire; la mente va a mille, l’adrenalina sale e io mi butto a capofitto in un altro progetto. Non mi abbatto. Non mi piango addosso, ma cerco l’alternativa. Io sono tra quelli che amano il piano b, la soluzione a cui non avresti mai pensato, ma che ti scatta nel cervello nel momento in cui il piano A fallisce.
Dunque riprendendo il discorso sulle soft skills, automotivazione e intraprendenza sono tra le competenze trasversali su cui puoi contare se vuoi adeguarti al nuovo mercato del lavoro che è “dinamico” e in continuo cambiamento. Anche il posto fisso è diventato mobile, ha cambiato natura. Ogni tipo di lavoro sta subendo una grande trasformazione digitale per cui concepire il posto fisso alla vecchia maniera è oramai obsoleto e controproducente.
Prima di parlare di automotivazione e intraprendenza voglio fare un piccolo appunto ai testi che parlano delle soft skills: sembra che esse siano di pertinenza solo di un certo livello impiegatizio, ovvero quello manageriale che prevede la gestione di sottoposti e potere decisionale. Nell’evoluzione lavorativa che molti “subiscono”, esse sono indispensabili anche a livelli più bassi di quelli manageriali le soft skills se si vuole sopravvivere a dinamiche lavorative nuove e sfidanti.
Dall’operaio all’impiegato di 4 livello l’evoluzione digitale ha imposto un mettersi in gioco quotidiano, un saper utilizzare strumenti nuovi, che possono in qualche modo richiedere un’attenzione, uno studio, un impegno diverso da quello preteso fino ad ora. Ecco che avere la capacità di automotivarsi mista ad una sana intraprendenza consente ai lavoratori di non subire il mondo del lavoro ma in qualche modo di farne parte in maniera attiva.
Nel caso dell’auto motivazione ho trovato interessante la definizione di locus of control, ovvero il centro di controllo, quello che secondo la divisione ideale di Rotter dei lavoratori, può essere interno o esterno. Il lavoratore che ha il locus of control interno riesce ad automotivarsi sul lavoro ed è fortemente convinto che attraverso l’impegno e gli sforzi può arrivare a determinati obiettivi. Lui è la causa dei suoi successi lavorativi o dei suoi insuccessi. Nel caso del Locus of Control esterno, il lavoratore non si impegna più di tanto perché parte dalla convinzione che sono i fattori esterni a determinare il raggiungimento o meno di obiettivi.
Entrambi sono delle visioni estremizzate, ma ovviamente chi è dotato di automotivazione si avvicina molto all’ideale di lavoratore con un locus of control interno. L’avvertimento che si può dare a queste persone è di gestire meglio l’insuccesso, non viverlo come un fallimento ma come una lezione da cui imparare e fare meglio.
L’altra soft skill che trovo fantastica e va a braccetto con l’automotivazione è l’intraprendenza. Questa però non l’ho letta, l’ho sentita in un video di Marco Montemagno: il sapersi mettere in gioco, anche all’interno della stessa azienda. Puoi infatti essere un lavoratore con una passione che può migliorare un processo della tua azienda, l’intraprendenza può darti la grinta che ti serve per proporti.
Spero che i giovani abbandonino la mentalità old style che vede il mondo del lavoro come qualcosa di statico, un traguardo da raggiungere e capiscano quanto sia fondamentale per adeguarsi al nuovo scenario lavorativo essere motivati e intraprendenti.