Uscire dalla zona di comfort

Uscire dalla zona di comfort è ciò che sentiamo almeno una volta al giorno.  È uno dei tanti abusi linguistici a cui siamo oramai assuefatti, tant’è che non ci facciamo più caso. Eppure dovremmo invece usarla con parsimonia e rispetto, quel religioso rispetto che mostriamo di fonte a qualcosa che ci intimorisce, perché è davvero più grande di noi. Al solo sentirla dovremmo tremare e lo faremmo davvero se avessimo piena consapevolezza di quello che ci aspetta una volta seguita la volontà di uscire dalla nostra zona di comfort.

E allora perché ci piace tanto questa frase? Molto probabilmente perché il nostro cervello pronto ad ingannarci e a fare resistenza ci fa concentrare sulla parola comfort, mentre quello su cui dovremmo porre la nostra attenzione è il verbo uscire. Il verbo indica l’azione che dovremmo compiere, e in quell’ uscire c’è tutto il sacrificio, il dolore, lo sforzo che tale atto ci richiede.

Chi almeno una volta si è trovato nella situazione di dover uscire dalla propria zona di comfort sa benissimo ciò di cui sto parlando.  La prima inevitabile reazione che abbiamo è una strenua resistenza. Siamo abituati a percorrere un tragitto che per quanto tortuoso e sofferente possa essere, è il nostro precorso, quello che abbiamo costruito noi stessi, durante la nostra esistenza, anno dopo anno, mese dopo mese, settimana dopo settima, giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, secondo dopo secondo. Vi sembra quindi che il suo smantellamento sia qualcosa di semplice? Che possa avvenire con uno schiocco di dita? Suvvia non siate ingenui. Uscire dalla zona di comfort non è una passeggiata. Significa smantellare poco a poco una routine, un modus operandi che fa parte di noi stessi, significa abbattere una parte di noi.  Ora vi è più chiaro lo sforzo che comporta? È un percorso costellato di tanti “ma chi me lo ha fatto fare”, di tanti “Stavo così bene prima”. Ma se siete arrivati a pronunciare questa frase, siete già sulla buona strada perché incominciate a riconoscere che nella vostra esistenza c’è un prima e un dopo. E allora uscire dalla zona di comfort cos’è un punto di non ritorno? Certo che no. Siete liberi di ritornare al vostro vecchio percorso ogni volta che lo vorrete. Però vi sembrerà un po’ strano, un po’ desueto.  Vi apparirà caldo e accogliente ma tutto sommato sterile. Muovere un primo reale passo per scoprire il mondo che c’è dopo il comfort costa davvero tana fatica. E quando tornerete indietro, perché vi capiterà più di quanto possiate immaginare, avrete la sensazione di tradire voi stessi, quella nuova versione che con estremo sforzo vi state costruendo.

Ma quando arriva il momento di uscire dalla propria zona di comfort? Non c’è un momento preciso, prevedibile. Sarebbe troppo facile. Il più delle volte è la vita che te lo impone, togliendovi tutti i vostri punti di riferimento. E allora per forza ne dovrete/vorrete cercare altri, ricostruirli. Se da una parte è scoraggiante, dall’altra vi offre l’opportunità di crearli dentro di voi quei punti di riferimento, di diventare àncora di voi stessi.

Non è mai facile. Non lo è per niente. Ma se la situazione in cui vi trovate vi chiama al cambiamento non impegnatevi a rifiutarlo, impegnate le vostre energie a creare un nuovo voi stesso. Forse è la strada giusta per la libertà, chi può saperlo?

Il coraggio di affrontare la frustrazione ai tempi della quarantena

Mille progetti in testa, cose da fare durante la quarantena. Mi sono detta: “Quando inizio la quarantena voglio fare questo e voglio fare quest’altro.” Poi la quarantena è iniziata e l’unica cosa che mi va di fare è stare stravaccata sul divano a fissare il vuoto o, nei momenti di massimo sprint, fare zapping alla ricerca di un film decente.

Ascolto gli amici e mi sento in difficoltà perché vedo gli altri che fanno di tutto per stare attivi, puliscono ogni centimetro della loro casa, ordinano, cucinano, sperimentano, fanno sport e io sono paralizzata.

Assalita da una profonda stanchezza, a stento riesco a fare il minimo indispensabile, anche fare la spesa che dovrebbe corrispondere alla mia boccata d’aria mi pesa. Non ho voglia di fare un bagno di folla tra gente coperta da testa a piedi ma che comunque non sa rispettare il metro e mezzo di sicurezza. Non ho voglia di vedere i soliti noti che fregandosene di tutto e tutti invadono i marciapiedi  costringendomi a camminare in mezzo alla strada per mantenere la famosa social distancing.

Resto a casa. Preferisco.

Stare a casa mi llude che fuori il mondo scorra come sempre, che ci siano negozi aperti, gente per strada e che io potró trovare tutto ciò che voglio in un nano secondo. Del resto è questo ciò che mi ha spinto ad abbandonare il paese per vivere in città: poter avere cinema, librerie e supermercati sempre a portata di mano.

E invece dopo tanti anni, grazie ad un virus sono ritornata ai ritmi lenti del paese, anche in città. Non posso leggere gli ultimi libri scritti su un argomento preferito, non posso comprare cose che non siano di prima necessità. Sono ritornata alla mia vita di più di 12 anni fa.

Una vita fatta di lentezza e rifiuti. C’era un prodotto che volevo a tutti i costi? Dovevo aspettare per averlo, che arrivasse in paese o che io mi spostassi verso la città.

Ecco ritornata alla semiapatia, allo sconforto, alla frustrazione. Dopo un po mi sono arresa e ho pensato, forse prima di buttarmi nel fantastico universo dell’automotivazione, dove la voglia di rimettersi in gioco è forte, ci vorrà del tempo. Il tempo per affrontare la frustrazione. Non la devo mettere da parte, ma affrontarla. Buttarmici dentro e aspettare pazientemente che passi.

È facile avere il coraggio di buttarsi in progetti, correre a mille, sentire l’adrenalina che sale.

Ma ci vuole altrettanto coraggio, se non di più, a rimanere fermi, abbandonarsi alla frustrazione ed affrontarla.

I palliativi per passare il tempo servono solo a metterla da parte, a rimandare il problema, aspettando che poi le cose si risolvano da sé.

Il coraggio di affrontare questo stop, questa lentezza, è tutt’altro. Avere la forza di ascoltarsi, di rimanere centrati su se stessi nonostante tutto e riscoprire risorse che non credevamo di avere.