Formazione: quanto conosci la tua platea?

Un corso va impostato e gestito tenendo conto di diversi fattori che reputo fondamentali:

  • il pubblico non è sempre lo stesso
  • il corso non è stato scelto dai corsisti
  • ci sono dei sabotatori
  • non tutte le tematiche trattate coinvolgeranno il pubblico

Il pubblico cambia in base al contesto che ti accingi ad approcciare, cambia in base alla nazionalità, all’impostazione aziendale, all’età media dei lavoratori e via discorrendo. Tenere in considerazione queste differenze ti aiuta ad impostarlo nel modo più efficace possibile.

Le aziende il più delle volte impongono corsi che non trovano grande consenso tra i dipendenti. Molte aziende ad esempio per vanagloriarsi di essere innovative sottopongono i propri dipendenti a corsi digital per i quali non sono assolutamente pronti. Altre invece, nonostante abbiano lavoratori più che pronti ad affrontare tematiche specifiche di un determinato settore che consentirebbero loro di fare un upgrade professionale, continuano a  proporre loro corsi non in linea con le esigenze reali.

Tenere conto di questi fattori ti aiuta a dare il giusto indirizzo al tuo corso, a capire quale delle tematiche su cui lo hai impostato deve essere spinta maggiormente e quale invece puoi anche mettere da parte, perché avrà un effetto controproducente sull’atmosfera che si è creata in classe.

Ciò che è fondamentale, subito dopo che ti sei presentato, è capire la tua classe, percepire l’umore generale e comportarti di conseguenza. Se sei alle prime armi non commettere l’errore di presumere di trovarti di fronte ad un’aula di professionisti che nella migliore delle circostanze sarà motivata, nella peggiore simulerà interesse. Non c’è niente di più sbagliato. Il fatto stesso di riunire un gruppo di adulti dai 30 in su, in un’aula, li farà regredire all’età scolastica. Poiché questa formazione è anche gratis, quindi non hanno dovuto sudare per averla, saranno anche polemici, con la puzza sotto il naso, con il classico atteggiamento di chi avrebbe potuto fare centomila cose migliori di quella che l’azienda e tu lo state costringendo a fare. Ti troverai di fronte ad una tipica classe liceale con il primo della classe, quello che deve fare sempre e comunque bella figura, il leccapiedi che ti lusingherà su ogni cosa che dirai, il bullo della classe che ti farà capire subito che lui è il più forte e che ti sta concedendo proprio un gran favore a stare insieme a te. Ci sarà quello timido, il taciturno e il disinteressato. Se ti vengono altri esempi di tipologie di alunni dai 10 anni ai 18, metticeli perché di sicuro li incontrerai.

Le prime volte sarai abbastanza sconvolto e ringrazierai il tuo dio di essere arrivato a fine corso e ti riprometterai di non accettare più incarichi da quell’azienda. Per fortuna poi le cose cambiano.

Tu cambi e di conseguenza il tuo approccio. D’improvviso entrare in un’aula non ti fa più paura, non sei più intimorito dalla platea e soprattutto hai imparato la lezione: prima di partire con il corso devi conoscere le persone che ti stanno di fronte, sondare la loro volontà di apprendere e partecipare, cercare di capire chi ti  può sabotare e chi no.

Un paio di anni fa ho partecipato ad un corso e devo riconoscere che la formatrice era una davvero tosta, di quelle con gli attributi. All’interno dell’aula c’era il classico bullo che non vedeva l’ora di mettersi in mostra e creare disturbo. La signora, di un’eleganza innata, ha iniziato a giocare una metaforica partita di tennis con questo bullo, per cui ad ogni frase polemica, ad ogni opinione espressa per creare disagio, rispondeva senza scomporsi e metteva a segno un punto. Il bullo, oggettivamente in difficoltà, non si rendeva conto di essere perdente sin dall’inizio, e lei per disorientarlo ancora di più, di tanto in tanto gli concedeva delle simil-vittorie, annuendo a ciò che diceva. Il tempo però che questi abbassava la guardia, la formatrice metteva a segno un altro punto.

Alla fine erano diventati grandi amici, in quanto il bullo aveva iniziato a capire che qualsiasi cosa avesse detto o fatto non ne sarebbe uscito vincente. Morale della favola: la formatrice aveva colto la sfida, non aveva ignorato il bullo, sapendo di poter gestire la situazione e, dopo aver messo a segno un paio di colpi, ne era uscita a testa alta riuscendo a coinvolgere quello che in quel momento era il sabotatore del suo corso.

Ciò che ha sempre suscitato la mia ammirazione è l’abilità del formatore di saper reimpostare il corso durante la lezione stessa, spingendo sulle tematiche che creano maggiore interesse, senza battute di arresto  e senza che la classe se  ne renda conto. Se non ti sei dato da fare ancora in questo senso, ti consiglio di farlo subito.

Di solito succede questo: durante un corso, dopo un momento in cui la tensione è alta, dove tutti i partecipanti hanno raggiunto il massimo del coinvolgimento il docente dice: “A questo punto avrei voluto farvi vedere determinate slide, ma preferisco andare oltre e passare direttamente a…”. Questo è il classico esempio di chi è molto attento alla recezione della sua classe, si rende conto di aver raggiunto il massimo dell’attenzione e del coinvolgimento e per non perderle continua sulla strada che ha scaldato gli animi.

A questo punto potrai rispondermi: “Già è tanto che sono riuscito a coinvolgere i partecipanti, figuriamoci se riesco pure a reimpostare il corso…”

E su questo non ti posso dare che ragione. Il coinvolgimento è una gran bella sfida ed ho già pronto un suggerimento per te.

Ciò che scalda maggiormente gli animi dei partecipanti è la capacità di rapportare le materie proposte dal corso alla realtà lavorativa. Ecco perché un bravo formatore studia sempre il settore presso il quale farà formazione. Fare esempi calzanti serve ai corsisti a prendere subito confidenza con la materia del corso, accresce il coinvolgimento e la partecipazione. Invoglia il tuo pubblico a dire la propria opinione sull’utilità di applicazione di quella tematica nel proprio lavoro.  Le varie considerazioni possono essere fondamentali per migliorare l’impostazione del tuo corso.

In definitiva ciò che ti viene chiesto in assoluto durante un corso, è l’ascolto attivo. Perché? Perché ti rende sensibilissimo alla tua classe aiutandoti a gestirla nel modo migliore. Non sempre si è dotati di un carattere carismatico in grado di trascinare le folle, e di creare consenso immediato. Però si può essere degli attenti ascoltatori e questo può aiutarti nel creare il tuo approccio personalizzato.

La formazione come tutti gli altri mestieri è una attitudine che si può sviluppare ed implementare nel corso del tempo. Io, ad esempio, sono figlia di una professoressa di matematica, per cui ho sviluppato dall’adolescenza in poi un rifiuto nei confronti dell’insegnamento. Non avrei mai detto che un giorno mi sarei trovata nella condizione di dover formare colleghi sull’utilizzo di alcuni software e app.  Sono rimasta a dir poco sconvolta quando uno di loro mi ha detto “Avresti dovuto fare l’insegnante, sei proprio brava.”

Formare, educare, diventano una vocazione quando tu credi in quello che stai insegnando e per trasmetterlo a chi ti sta di fronte cerchi le strade migliori affinché la tua materia venga compresa senza troppi sforzi e nei casi migliori venga amata come la ami tu.

 

 

 

 

Empatia: un grosso fraintendimento


È da un po che volevo approfondire il concetto di empatia, una delle soft skill maggiormente richieste in ambito lavorativo e credo utilissima anche in quello personale. Ciò di cui andavo alla ricerca era di qualcosa o qualcuno che mi desse ragione sul fatto che l’empatia non faccia parte della natura umana e per questo non sia facile da applicare. Sono stata in parte smentita e in parte no.

Leggendo alcuni libri mi sono subito resa conto di quanto fosse sbagliata la mia concezione dell’empatia. Ero già arrivata da sola alla conclusione che l’empatia non avesse nulla a che fare con la compassione o con la simpatia; ma ciò che mi ha davvero stupita è apprendere che essa in realtà sia qualcosa di intrinseco all’essere umano e risieda nel bisogno ancestrale di decodificare l’altro per capire se esso può essere una minaccia per noi o se possiamo fidarci. Peccato che con il tempo abbiamo perso tale capacità istintiva appartenuta ai nostri antenati, per cui ciò che dobbiamo fare oggi è cercarla in noi stessi, e soprattutto esercitarla.

Uno degli elementi principali dell’empatia è l’ascolto attivo, per mettere in pratica il quale dobbiamo veramente fare un continuo esercizio, direi quasi uno sforzo sovrumano, data la società odierna, dove l’attenzione verso l’altro è davvero ai minimi storici.

L’ascolto attivo prevede uno stato fisico ed interiore di grande equilibrio. Leggere questo concetto mi ha davvero lasciato pensare. Perché è importante stare bene per poter ascoltare attivamente? La risposta se ci pensiamo è abbastanza intuitiva: abbiamo bisogno di un equilibrio interiore grazie al quale possiamo dedicarci completamente all’altro, ascoltarlo e assorbire tutti i dati e le informazioni, le emozioni che vuole donarci. Ciò vuol dire dedicare tempo e attenzione al nostro interlocutore.

Gli elementi che caratterizzano l’ascolto attivo sono:

  • Silenzio interiore
  • Atteggiamento di apertura
  • Sospensione del giudizio
  • Riconoscimento dei segnali paralinguistici
  • Rispetto dello spazio vitale del nostro interlocutore
  • Segnali di presenza

Metterli in pratica non è facile ma una volta appresi sarà difficile tornare indietro in quanto essi ci consentono di costruire relazioni solide con le persone che appartengono alla nostra sfera personale e professionale.

  • Il silenzio interiore è frutto dell’equilibrio interiore: solo le persone con un buon equilibrio sono in grado di creare un silenzio interiore per accogliere le informazioni del proprio interlocutore.
  • L’atteggiamento di apertura è un chiaro segnale di accoglienza nei confronti dell’altro. Esso può essere verbale e non verbale. Assumere posizioni rilassate trasmette calma e incoraggia l’altro a parlare.
  • La sospensione del giudizio mentre ascoltiamo è un altro fattore determinante per un buon ascolto attivo. Quando ascoltiamo senza giudicare mettiamo il nostro interlocutore a suo agio e gli consentiamo di aprirsi.
  • L’ascolto attivo ci consente di riconoscere delle lievi variazioni nella voce del nostro interlocutore, le quali sono indice di un’emozione che in quel momento il nostro interlocutore sta provando.
  • Riconoscere lo stato d’animo del nostro interlocutore ci consente di capire se si sta aprendo verso di noi e quindi possiamo avvicinarci a lui oppure, in caso contrario, dobbiamo aumentare la distanza.
  • L’ultimo elemento della mia lista non è da meno rispetto agli altri per difficoltà di applicazione, ovvero far sentire al nostro interlocutore che ci siamo, che siamo presenti in quel momento per lui e ci stiamo dedicando a lui.

L’ascolto attivo è la premessa per una comunicazione efficace e per affermare la nostra leadership. In effetti se ci pensiamo bene ci dà un vantaggio notevole rispetto a chi non lo pratica in quanto riusciamo ad ottenere numerose informazioni sulle persone che altrimenti avremmo ignorato. Queste informazioni fanno sì che nella gestione dei rapporti professionali risultiamo attenti alle esigenze degli altri, siamo in grado di interagire in modo equilibrato e soprattutto non impositivo. In tal modo possiamo creare un clima di partecipazione, all’interno del quale tutti possono esprimere la propria opinione, sicuri di essere ascoltati.

Non solo. Esso migliora notevolmente anche i rapporti interpersonali, ci consente di costruire relazioni solide, in quanto ci dà l’opportunità di conoscere veramente le persone che abbiamo di fronte.

L’ascolto attivo è un qualcosa di cui la società odierna ha un forte bisogno. Viviamo con la costante sensazione di non aver ricevuto la dovuta attenzione, di non essere stati ascoltati, il che equivale a non essere visti, a non esserci. Basare i nostri rapporti umani sull’ascolto attivo li migliora drasticamente, migliora noi e gli altri.

I miei studi sull’empatia non finiscono qui. Sono certa che scopriró aspetti sempre più interessanti da condividere e su cui riflettere.
Buon ascolto attivo a tutti!