
Fare storytelling, nonostante la parola sembri dal significato intuitivo, non è qualcosa che si improvvisa e richiede la compartecipazione di svariate competenze. La competenza che ho deciso di studiare e sviluppare io è quella testuale e l’ambiente narrativo che ho scelto è il blog.
Prima però di addentrarci nella pratica occorre passare per la teoria: storia e racconto sono due cose diverse (A. Fontana docet in Storytelling for Dummies -Hoepli). La storia è la cronologia, il racconto è la rappresentazione, la raffigurazione di uno stato d’animo, di un’emozione, di un mondo. Quando uniamo la storia con il racconto diamo vita alla narrazione. Unire cronologia e racconto significa dare vita a ipercontenuti che seguono una logica narrativa ben precisa: situazione -tensione -azione risolutiva -morale.
Veniamo ora all’esercizio.
#lastoria
E’ l’8 dicembre sono a lavoro insieme a tre mie colleghe e fra un po’ è ora di pranzo. Decido di andare al Mc Donald’s, le mie colleghe non vengono. Ordino il panino con pollo e patatine.
#ilracconto
Oggi è l’8 dicembre. Giorno di festa per molti. Ma non per me. Sono qui a lavoro. L’aeroporto ha un operativo da mandare avanti che non guarda nemmeno in faccia al Natale. Anzi proprio perché è dicembre diventa ancora più incalzante.
L’orologio batte le ore 13.00. E’ ora di pranzo. Siamo solo in tre in turno, io Caterina e Teresa. Ognuna alla sua postazione. L’aria che si respira oggi in ufficio non è delle migliori. C’è chi è stato fortunato e riposa proprio oggi e c’è chi invece prontamente ha chiesto il giorno di festivo.
Noi tre non abbiamo chiesto il festivo e non abbiamo il giorno di riposo. Quindi siamo a lavoro.
Caterina è chiusa nel suo mondo di rabbia, lontana, inavvicinabile, Teresa, inarrestabile, destinata ad un moto perpetuo, quasi avesse bisogno di scappare da se stessa.
Io affamata. Triste. In lacrime.
Sono lacrime natalizie che mi accompagnano da quando ero piccola.
Natale è il momento in cui la verità ti viene sbattuta in faccia e ti ricorda che tu sei debole e che la tua famiglia non è perfetta e non lo sarà mai.
“Il Natale porta tristezza…” mi dico, “Ma anche la fame!”, penso un secondo dopo, scuotendomi da quella rassegnazione alla tristezza.
Mi guardo intorno, vedo le mie colleghe, ognuna immersa nella sua vita. E con un tono finto pimpante dico: “Sono affamata, vado a festeggiare con un bel panino da MC Donald’s”. La cosa viene accolta con un segno stentato di assenso. Nessuna parola in risposta.
Ignoro volutamente la loro indifferenza e seguendo l’istinto primordiale della fame mi avvio al primo piano dell’aerostazione. Mi viene sempre da ridere quando l’annuncio in automatico pronuncia questa parola “aerostazione”. Sa di vecchio, di vintage.
Salgo le scale del salone centrale e raggiungo il Mc Donald’s.
Un bimbo piange ininterrottamente mentre il padre cerca di prenderlo in braccio. Mi irrita. Sono già triste di mio. Avrei bisogno di cose gioiose, non del suo piagnisteo.
La cassiera, avvezza sicuramente più di me ai capricci infantili, lo ignora e mi chiede con gentilezza cosa voglio.
In quel preciso istante in cui ricevo la domanda mi accorgo di avere un problema. Non essendo una cliente abituale non conosco i nomi dei panini.
La cassiera vedendo la mia indecisione mi chiede a bruciapelo: “Che carne vuole? Pollo o carne rossa?”
“Pollo” rispondo con più sicurezza.
“Menu completo con bibita e patatine?”
“Solo patatine grazie”.
Mentre aspetto che mi prepari il tutto, alzo lo sguardo sulle tabelle che indicano i vari menù e scorgo le patatine che ho visto più di una volta in una pubblicità in tv. Lo sfondo marrone del cartellone fa risaltare ancora di più la grandezza delle patatine e il giallo del formaggio che deborda dal contenitore. Guardo l’immagine e sento già il sapore in bocca e la sua scioglievolezza.
Mi sale una voglia irrefrenabile. Allora richiamo l’attenzione della cassiera e cercando di fare un sorriso il più persuasivo possibile le chiedo: “Cortesemente puoi sostituirmi le patatine normali con quelle…” e alzo l’indice per indicare l’immagine sul cartellone, proprio come fanno i bambini.
Il Mc Donald’s è un luogo per me sconosciuto. Senza ombra di dubbio.
Guardando la ragazza togliere il pacchetto di patatine che aveva già messo nella busta, con estrema pazienza, mi sento di precisarle: “ Ovviamente pago la differenza.”
Lei mi guarda e dice “Non ti preoccupare. Per questa volta offre la casa.”
La ringrazio e mi torna su un gran sorriso. Saluto e vado via con il mio bottino.
Tornata in ufficio apro la confezione delle patatine con l’acquolina in bocca e con mio enorme stupore constato che la cassiera tanto gentile non le aveva affatto cambiate ma aveva aggiunto semplicemente del formaggio.
A quel punto il mio sorriso si trasforma in una risata grossa, aperta, liberatoria. Una risata che distoglie le mie colleghe per un attimo dalle loro vite. Entrambe si avvicinano a me incuriosite e con fare stupefatto mi chiedono cosa sia successo di così’ tanto esilarante.
Allora racconto loro del natale, della mia tristezza, del loro carattere di merda, e infine di come la cassiera mi abbia preso per il culo.
Il mio racconto veritiero oscilla dal disagio iniziale all’ilarità e loro mi seguono in quel viaggio di emozioni: si immedesimano nella mia tristezza natalizia, si offendono quando parlo del loro carattere, poi decidono di passarci su in attesa del finale, quando di fronte al racconto della cassiera stronza scoppiano in una risata fragorosa. Perché la risata è contagiosa e perché quando tutto è contro di te l’unica arma che ti resta e l ironia!
Capita la differenza tra la storia, semplice cronologia dei fatti e il racconto, ricco di ipercontenuti?
#analisi_schema_narrativo
Proviamo ad esaminare il pezzo riscontrando in quale modo esso fa parte della logica narrativa di cui vi ho accennato sopra: situazione -tensione -azione risolutiva -morale
1.situazione
“Oggi è l’8 dicembre. Giorno di festa per molti. Ma non per me. Sono qui a lavoro. L’aeroporto ha un operativo da mandare avanti che non guarda nemmeno in faccia al Natale. Anzi proprio perché è dicembre diventa ancora più incalzante. L’orologio batte le ore 13.00. E’ ora di pranzo. Siamo solo in tre in turno, io Caterina e Teresa. Ognuna alla sua postazione. L’aria che si respira oggi in ufficio non è delle migliori. C’è chi è stato fortunato e riposa proprio oggi e c’è chi invece prontamente ha chiesto il giorno di festivo. Noi tre non abbiamo chiesto il festivo e non abbiamo il giorno di riposo. Quindi siamo a lavoro.”
2.tensione
Caterina è chiusa nel suo mondo di rabbia, lontana, inavvicinabile, Teresa, inarrestabile, destinata ad un moto perpetuo, quasi avesse bisogno di scappare da se stessa.
Io affamata. Triste. In lacrime.
Sono lacrime natalizie che mi accompagnano da quando ero piccola.
Natale è il momento in cui la verità ti viene sbattuta in faccia e ti ricorda che tu sei debole e che la tua famiglia non è perfetta e non lo sarà mai.
3.azione risolutiva
“Il Natale porta tristezza…” mi dico, “Ma anche la fame!”, penso un secondo dopo, scuotendomi da quella rassegnazione alla tristezza.
Mi guardo intorno, vedo le mie colleghe, ognuna immersa nella sua vita. E con un tono finto pimpante dico: “Sono affamata, vado a festeggiare con un bel panino da MC Donald’s”. La cosa viene accolta con un segno stentato di assenso. Nessuna parola in risposta.
Ignoro volutamente la loro indifferenza e seguendo l’istinto primordiale della fame mi avvio al primo piano dell’aerostazione. Mi viene sempre da ridere quando l’annuncio in automatico pronuncia questa parola “aerostazione”. Sa di vecchio, di vintage.
Salgo le scale del salone centrale e raggiungo il Mc Donald’s.
Un bimbo piange ininterrottamente mentre il padre cerca di prenderlo in braccio. Mi irrita. Sono già triste di mio. Avrei bisogno di cose gioiose, non del suo piagnisteo.
La cassiera, avvezza sicuramente più di me ai capricci infantili, lo ignora e mi chiede con gentilezza cosa voglio.
In quel preciso istante in cui ricevo la domanda mi accorgo di avere un problema. Non essendo una cliente abituale non conosco i nomi dei panini.
La cassiera vedendo la mia indecisione mi chiede a bruciapelo: “Che carne vuole? Pollo o carne rossa?”
“Pollo” rispondo con più sicurezza.
“Menu completo con bibita e patatine?”
“Solo patatine grazie”.
Mentre aspetto che mi prepari il tutto, alzo lo sguardo sulle tabelle che indicano i vari menù e scorgo le patatine che ho visto più di una volta in una pubblicità in tv. Lo sfondo marrone del cartellone fa risaltare ancora di più la grandezza delle patatine e il giallo del formaggio che deborda dal contenitore. Guardo l’immagine e sento già il sapore in bocca e la sua scioglievolezza.
Mi sale una voglia irrefrenabile. Allora richiamo l’attenzione della cassiera e cercando di fare un sorriso il più persuasivo possibile le chiedo: “Cortesemente puoi sostituirmi le patatine normali con quelle…” e alzo l’indice per indicare l’immagine sul cartellone, proprio come fanno i bambini.
Il Mc Donald’s è un luogo per me sconosciuto. Senza ombra di dubbio.
Guardando la ragazza togliere il pacchetto di patatine che aveva già messo nella busta, con estrema pazienza, mi sento di precisarle: “ Ovviamente pago la differenza.”
Lei mi guarda e dice “Non ti preoccupare. Per questa volta offre la casa.”
La ringrazio e mi torna su un gran sorriso. Saluto e vado via con il mio bottino.
Tornata in ufficio apro la confezione delle patatine con l’acquolina in bocca e con mio enorme stupore constato che la cassiera tanto gentile non le aveva affatto cambiate ma aveva aggiunto semplicemente del formaggio.
4.morale
A quel punto il mio sorriso si trasforma in una risata grossa, aperta, liberatoria. Una risata che distoglie le mie colleghe per un attimo dalle loro vite. Entrambe si avvicinano a me incuriosite e con fare stupefatto mi chiedono cosa sia successo di così’ tanto esilarante.
Allora racconto loro del natale, della mia tristezza, del loro carattere di merda, e infine di come la cassiera mi abbia preso per il culo.
Il mio racconto veritiero oscilla dal disagio iniziale all’ilarità e loro mi seguono in quel viaggio di emozioni: si immedesimano nella mia tristezza natalizia, si offendono quando parlo del loro carattere, poi decidono di passarci su in attesa del finale, quando di fronte al racconto della cassiera stronza scoppiano in una risata fragorosa. Perché la risata è contagiosa e perché quando tutto è contro di te l’unica arma che ti resta e l ironia!
Detto fatto: ecco la mia prima sperimentazione come storyteller. E ora passo la palla a te…Se ti va puoi condividere con me le tue sperimentazioni…
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