Mille progetti in testa, cose da fare durante la quarantena. Mi sono detta: “Quando inizio la quarantena voglio fare questo e voglio fare quest’altro.” Poi la quarantena è iniziata e l’unica cosa che mi va di fare è stare stravaccata sul divano a fissare il vuoto o, nei momenti di massimo sprint, fare zapping alla ricerca di un film decente.
Ascolto gli amici e mi sento in difficoltà perché vedo gli altri che fanno di tutto per stare attivi, puliscono ogni centimetro della loro casa, ordinano, cucinano, sperimentano, fanno sport e io sono paralizzata.
Assalita da una profonda stanchezza, a stento riesco a fare il minimo indispensabile, anche fare la spesa che dovrebbe corrispondere alla mia boccata d’aria mi pesa. Non ho voglia di fare un bagno di folla tra gente coperta da testa a piedi ma che comunque non sa rispettare il metro e mezzo di sicurezza. Non ho voglia di vedere i soliti noti che fregandosene di tutto e tutti invadono i marciapiedi costringendomi a camminare in mezzo alla strada per mantenere la famosa social distancing.
Resto a casa. Preferisco.
Stare a casa mi llude che fuori il mondo scorra come sempre, che ci siano negozi aperti, gente per strada e che io potró trovare tutto ciò che voglio in un nano secondo. Del resto è questo ciò che mi ha spinto ad abbandonare il paese per vivere in città: poter avere cinema, librerie e supermercati sempre a portata di mano.
E invece dopo tanti anni, grazie ad un virus sono ritornata ai ritmi lenti del paese, anche in città. Non posso leggere gli ultimi libri scritti su un argomento preferito, non posso comprare cose che non siano di prima necessità. Sono ritornata alla mia vita di più di 12 anni fa.
Una vita fatta di lentezza e rifiuti. C’era un prodotto che volevo a tutti i costi? Dovevo aspettare per averlo, che arrivasse in paese o che io mi spostassi verso la città.
Ecco ritornata alla semiapatia, allo sconforto, alla frustrazione. Dopo un po mi sono arresa e ho pensato, forse prima di buttarmi nel fantastico universo dell’automotivazione, dove la voglia di rimettersi in gioco è forte, ci vorrà del tempo. Il tempo per affrontare la frustrazione. Non la devo mettere da parte, ma affrontarla. Buttarmici dentro e aspettare pazientemente che passi.
È facile avere il coraggio di buttarsi in progetti, correre a mille, sentire l’adrenalina che sale.
Ma ci vuole altrettanto coraggio, se non di più, a rimanere fermi, abbandonarsi alla frustrazione ed affrontarla.
I palliativi per passare il tempo servono solo a metterla da parte, a rimandare il problema, aspettando che poi le cose si risolvano da sé.
Il coraggio di affrontare questo stop, questa lentezza, è tutt’altro. Avere la forza di ascoltarsi, di rimanere centrati su se stessi nonostante tutto e riscoprire risorse che non credevamo di avere.