Il mercato delle parole scontate

Quando inizi a scrivere per comunicare prodotti e aziende, tuo malgrado, ti imbatti in una marea di parole scontate e commetti inevitabilmente l’errore di utilizzarle fino a che, un giorno, l’esperienza ti fa sentire più sicuro di te stesso e allora le abbandoni del tutto.

Ribadisco che si tratta di un percorso inevitabile, una sorta di rito di iniziazione per entrare nel mondo del content marketing. Quelle parole ti fanno sentire parte di un gruppo e quindi soprattutto all’inizio ti senti bene ad utilizzarle.

Poi passa il tempo, aumenta l’esperienza e quelle parole a cui eri tanto affezionato ti fanno sentire ingabbiato. Ti rendi conto che non sono del tutto efficaci come ti hanno voluto far credere in precedenza. Ora che ti senti più pronto e consapevole puoi utilizzare altre parole, concederti il lusso di sceglierle, fino a spingerti a crearne di nuove.

In questo modo scrivere non ti sembra più un gioco arido, ma uno strumento prezioso nelle tue mani da gestire con estrema cura e attenzione.

Orlando, il protagonista del mio libro, ‘Orlando e il mercato delle parole scontate’, ha la fortuna di essere istruito da uno spirito guida che gli fa toccare con mano, fin da subito, quanto possa essere deleterio il mercato delle parole scontate.

Noi comuni mortali non abbiamo fantasmi guida ad aiutarci ma possiamo evolverci e utilizzare le parole non come semplici tasselli di un puzzle ma come portatori di significato e valore.

Orlando e il mercato delle parole scontate il libro per i copy alle prime armi.

Lo strano caso della donna che perse l’ironia per un giorno

Che risveglio inusuale, pensó. Si sentiva strana, stranissima. Fece una corsa al bagno per guardarsi allo specchio. Tutto era uguale a prima. Gli occhi erano due, il naso era sempre lì, così come le orecchie. La bocca pure, una. Le mani stavano al loro posto. Però c’era qualcosa in lei di diverso. Di inspiegabilmente diverso. Si ma cosa?

Guardó l’orologio e si rese conto che se non si fosse sbrigata avrebbe fatto tardi a lavoro. Si diede una mossa. Si vestì e poi corse alla fermata del bus.

Insieme a lei c’erano due ragazzi ad aspettare il bus che commentavano alcune foto scattate la sera prima. “Mamma che faccia che hai. Avevi visto un fantasma? . Hai l’espressione terrorizzata.” E l’ altro guardando la medesima foto in risposta rideva a crepapelle.

Lei li osservó, sbirció la foto e invece di trovarci qualcosa di divertente rabbrividì al solo pensiero dell’esperienza ultraterrena che il giovane aveva dovuto affrontare la sera prima.

Si sentiva decisamente strana.

Arrivò in ufficio con ben due minuti di ritardo e incominció a rammaricarsi. Lo raccontó con fare estramemente serio alla collega, la quale le rispose: “fai attenzione che la prossima volta ti decurtano la stipendio.” e mentre lo diceva rideva.

Lei rimase agghiacciata a quella notizia e si apprestó a chiamare l’ufficio del personale per scusarsi dell’ccaduto, promettendo che non si sarebbe verificato mai più.

Rimase basita quando anche dall’altro lato del telefono ci fu una grassa risata come risposta, a cui però, di fronte al suo più sincero rammarico, seguirono parole di rassicurazione che per ben soli due minuti di ritardo niente le sarebbe potuto accadere.
Durante la pausa pranzo sentì una strana conversazione tra due sue colleghe e ciò che la terrorizzó di più fu la frase che una delle due disse all’altra: ” Se continui a mangiare così quest’ estate ti trasformerai in una boa.” L’altra per tutta risposta le rise in faccia.

Come poteva una persona sana di mente dinanzi ad una tale notizia terrificante ridere come se niente fosse?

Subìto smise di mangiare con la paura che il suo tramezzino al prosciutto avesse la capacità di trasformarla in un oggetto qualsiasi.

Di ritorno a casa corse nuovamente davanti allo specchio per capire cosa c’ era di strano.

Apparentemente nulla era cambiato. Ma era qualcosa di più profondo che era mutato. Qualcosa che andava al di là dell’aspetto fisico.

Si sentiva catapultata in una nuova dimensione. Di cui non conosceva le regole o non le capiva.

Prese un’aspirina e si mise a letto, confidando in un sonno ristoratore.

Dormì profondamente e quando si sveglió corse in bagno. Aveva i capelli arruffati e mentre si guardava allo specchio non poté fare a meno di pensare che sembrava un porcospino. Sorrise a quel pensiero.

Uscì di casa e alla fermata del bus, ascoltando i commenti di due donne su una foto di un uomo: “guardalo sembra cicciobello, ” non poté fare a meno di ridere.

Si sentiva decisamente meglio. Non capiva il perché ma era così.
Compró il suo solito giornale e in prima pagina un titolo a caratteri cubitali catturó la sua attenzione. “Virus mangia-ironia colpisce metà popolazione.” Si trattava di un virus dalla provenienza ancora poco chiara, che aveva colpito buona parte della popolazione. Era per lo più asintomatico. Fatta eccezione per la sua capacità di disattivare la capacità di fare e comprendere l’ironia. Durava fortunatamente solo un giorno. Ma alcune persone erano cadute nella più totale disperazione. Come il caso di un comico che aveva perso il lavoro perché non riusciva più a fare battute.
Ora le era tutto chiaro. Ecco perché si sentiva scollegata da tutto e da tutti. Il virus aveva colpito anche lei.

Aveva vissuto un giorno senza ironia.

In pochi istanti rivisse la sua vita, quei momenti in cui l’ironia come una grande amica e alleata l’aveva salvata, le aveva fatto affrontare situazioni di disagio allegramente, senza prendersi troppo sul serio.

Le era bastato un solo giorno senza, per scoprirne il valore inestimabile.