
Sfatiamo un mito su Steve Jobs: la sua dote da oratore non era innata
Quando si parla di storytelling aziendale o di uno speaker storyteller per eccellenza, la cui narrazione ha fatto breccia nei cuori e nelle menti del suo pubblico tutti intuitivamente pensiamo alla Apple o a Steve Jobs. Tutti, quando pensiamo a Steve Jobs, ricordiamo il suo famoso discorso agli studenti della Stanford University e ovviamente ci sentiamo perdenti in partenza. Ciò che ci viene da pensare istintivamente è: “Si ma lui era Steve Jobs…”
Confesso che lo pensavo anche io. Poi ho letto il libro di Carmine Gallo, “Comunicare come Steve Jobs e i migliori oratori degli eventi TED” e ho scoperto una cosa che mi ha aperto gli occhi: Steve Jobs nella sua prima intervista televisiva o nelle sue prime presentazioni appariva in preda al panico, per niente sicuro e padrone della situazione come invece si mostrerà poi in seguito. Se si vanno ad esaminare i suoi speech nel corso tempo essi sono notevolmente migliorati e questo dimostra due cose: la prima è che Steve Jobs non avesse innata la dote di oratore, la seconda è che per arrivare ai risultati esorbitanti delle ultime presentazioni, ha davvero faticato tantissimo.
Quando siamo chiamati a parlare in pubblico, pensare che sia una dote innata, è un grave errore che ci fa solo sentire peggio di quello che dovremmo. Dietro ad ogni speech, ad ogni conferenza c’è un un duro allenamento a cui dobbiamo sottoporci se vogliamo raggiungere risultati discreti.
La mia esperienza: speaker per un giorno
Non molto tempo fa sono stata inviata in una scuola superiore a spiegare un progetto aziendale. Ho dovuto affrontare due grossi problemi: non ho molta dimestichezza con la fascia di età da 1 a 18 anni, sono una persona timida.
Ecco il giusto cocktail capace di sabotare qualsiasi tipo di presentazione.
Poiché sono stata informata anche in tempi strettissimi, l’ansia è arrivata alle stelle. Ho cercato di preparare le slide, di renderle più efficaci possibili per puntare più sulla parte visiva che quella orale. Ma una volta giunta in aula, davanti ai miei tanto “amati” ragazzi, sono letteralmente andata in panico.
La timidezza ha preso il sopravvento, ma avevo dalla mia un’unica arma che mi ha salvato da una figura pietosa: avevo ripetuto quella presentazione non tantissime volte come avrei voluto, ma in una quantità sufficiente da ricordare tutte le parole. Ecco perché sono riuscita ad arrivare alla fine e quando una delle allieve mi ha chiesto maggiori dettagli sul progetto sono stata davvero fiera di me. Su 20 ragazzi ero riuscita ad interessare almeno uno. Un ottimo risultato per una che era partita da meno zero.
L’esercizio aiuta proprio in questo, a non avere paura quando la platea ci spaventa, a domare l’ansia, o quanto meno ad essere capaci di inserire il pilota automatico grazie al quale potremo arrivare fino alla fine del nostro speech in maniera dignitosa.
Cosa fa uno speaker storyteller professionista
Se siete speaker professionisti, navigati, sapete perfettamente ciò di cui sto parlando e siete consapevoli di quanto sia fondamentale l’esercizio, se invece siete agli inizi allora le mie parole servono a mettervi in guardia.
Prima di salire su un palco guardatevi tanto. Per farlo potete provare a riprendere voi stessi in un video. Mettetevi davanti alla telecamera, premete il tasto play e iniziate a parlare. Dopo, quando vi riguarderete, se è la prima volta che lo fate, rimarrete a dir poco shockati. Starete tutto il giorno a chiedervi: “Ma davvero mi muovo così tanto? Ho davvero quel tic fastidiosissimo? Ero convinto che quell’espressione fosse convincente e invece sembro un cretino!”
Ecco perché è cosi importante che vi guardiate, che incominciate a capire qual è la gestualità che può accompagnare in maniera efficace le vostre parole. Dovete provare e riprovare, fino a quando non sarete padroni di voi stessi, dei vostri movimenti e riuscirete a sottolineare con un piccolo gesto, un sorriso, uno sguardo le parole più importanti del vostro discorso.
Il vostro corpo ha la stessa valenza del grassetto in un testo scritto, serve a evidenziare le parole chiave del vostro speech. Ecco perché non può essere utilizzato a casaccio.
Una volta che siete riusciti in questo, fate bene a sentirvi sicuri di voi, ma non siete ancora pronti.
Davvero? Certo! Avete superato la prova del nove con voi stessi, ora la dovete superare con le persone.
E allora inizia un altro allenamento: raccontate il vostro discorso a tutte le persone che conoscete e vedete quali sono le loro reazioni; quanto siete convincenti, quanto di quello che dite riesce a colpirli e cosa invece li annoia. Tutto questo vi servirà per raddrizzare il tiro del vostro speech.
Una volta saliti sul palco ci sarete solo voi e tutto il lavoro che avete fatto prima o – ahi voi – quello che non avete fatto.
Sia esso un’aspirazione professionale o la vostra realtà lavorativa, se domani doveste salire un palco e presentare il vostro progetto, la vostra organizzazione, la vostra passione, come vi immaginate?
Ora prendete quella visione e realizzatela: con il duro lavoro ce la farete!
Mi piace:
"Mi piace" Caricamento...