Non descrivere le emozioni, raccontale

Cercando alcune indicazioni basilari su come si scrivesse un romanzo sono incappata in questa regola che mi ha sopresa: non descrivere le emozioni del personaggio, fai in modo che esse vengano a galla attraverso i suoi gesti, il suo tono di voce, il modo di parlare, di camminare, vestirsi.

Ciò richiede un’ulteriore sforzo perché vuol dire mettersi alla ricerca di quella specifica azione che fa scattare qualcosa nel lettore e gli fa pensare: “Mamma mia quanto è nervoso.” Oppure “Si vede proprio che è felice.” Tutto questo senza che voi abbiate menzionato mezza volta che il vostro personaggio era emozionato, arrabbiato o felice.

Una pallina da tennis stretta ripetutamente tra le mani mentre si aspetta un evento importante, un sorriso enorme che va da orecchio a orecchio, attraverso questi dettagli forniamo elementi utili al lettore per fargli percepire i personaggi oltre che vederli.

All’inizio non è semplice e si è tentati di descrivere esplicitamente i sentimenti dei nostri personaggi al lettore. In questo modo però lo proviamo del sottile piacere della scoperta poco per volta di uno stato d’animo o di più stati d’animo, della complessità delle persone che stiamo narrando e delle loro anime.

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