L’innovazione è l’evoluzione del vecchio mondo del lavoro, oramai obsoleto. Non un gioco per ragazzi nerd.

Ci sono due anime nelle aziende odierne: quella che fa innovazione e quella ancorata a vecchie concezioni del lavoro, senza le quali sarebbe difficile andare avanti, ma che hanno ragione di sussistere solo perché senza di esse non ci sarebbe stata l’evoluzione attuale. Del resto da bambini poi si diventa adulti.

Il fatto è che l’innovazione vista come evoluzione dovrebbe essere naturale, dovrebbe essere lo step successivo, quello più maturo, quello che lentamente abbandona le paure e le paturnie adolescenziali per fare posto ad un modus operandi più consapevole.

Invece in Italia abbiamo ancora questa visione ingenua dell’innovazione:  non è sinonimo di evoluzione, al contrario essa è sinonimo di giovane, startup, sperimentale. Mentre il vero lavoro è quello alla vecchia maniera, dove si timbra il cartellino e si aspetta che l’orario finisca per tornare a casa, e poi si aspetta il 27 del mese per la pagnotta. Poi tutto quello che è brio, adrenalina, eccitazione, resta fuori dalla porta dei nostri uffici; lo trovi nella vita personale, con gli amici, con i figli, i compagni, le mogli e i mariti. 

Costoro che lavorano seriamente, sono quelli che, quando gli parli di startup o innovazione, sorridono perché per loro sono dei giocattoli nuovi.  A parole sono promotori di ciò che è innovativo, ma con la testa pensano che di fatto sia una cosa che non fa parte del loro mondo. Se tutti l’avessero pensata così allora questi signori e queste signore non girerebbero oggi con gli smartphone, non avrebbero un profilo instagram, non acquisterebbero su Amazon e via discorrendo.

La mentalità è più forte di qualsiasi innovazione; quest’ultima richiede un grande sforzo, una revolution del proprio pensiero non indifferente; vuol dire mettersi in gioco, pensare al proprio lavoro come ad una sfida costante, adrenalinica, entusiasmante. Entrare in ufficio come i bambini quando entrano in gelateria, con gli occhi brillanti, perché chissà quale goduria ci aspetta.

Si, è un approccio al lavoro diverso. Ma è questo l’approccio vero, consapevole, maturo. L’approccio di chi il proprio lavoro lo guarda dal di dentro, ne vede le bellezze e le brutture e ci ragiona sopra per provvedere a risolverle, laddove può. 

Buona innovazione a tutti!

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