Come peggiorare la customer experience per soli 10 centesimi

Oggi, come tutti gli altri giorni, sono andata al supermercato. Come al solito l’ intenzione era quella di comprare un paio di cose, ma poi ho riempito il carrello per un totale di 52 euro. Sono giunta alla cassa e mentre riponevo il pane nel mio sacchetto, ho notato che la confezione era aperta e rotta ed ho chiesto alla cassiera se poteva darmi una busta per evitare che il pane cadesse da tutte le parti. Poiché aveva già passato la carta, e il pagamento era stato effettuato, ha guardato il monitor della sua cassa un po’ perplessa e poi ha sentenziato: ” I 10 centesimi della busta non li può pagare più con la carta, ma li deve pagare in contanti.”

Non ho battuto ciglio, ho pagato i miei 10 centesimi e sono andata via. Con l’amaro in bocca per un paio di motivi in particolare:

  1. La confezione del pane si è rotta non per colpa mia ma perché evidentemente nel reparto del pane non è stata chiusa bene. Lo do per certo dal momento che capita spesso. Quindi in questo caso l’errore è del supermercato.
  2. Proprio in virtù di quanto detto e dal momento che si trattava di soli 10 centesimi e non di 1 euro, la cassiera avrebbe potuto regalarmi la busta nuova come gesto di cortesia visto il disservizio causatomi.

Mi sono detta: “Era così difficile fare questo ragionamento?” La risposta che mi sono data: “Si, per alcune persone, la situazione non è chiara come lo può essere per altre.” La cassiera del supermercato si è inceppata come un vero robot. Ora non credo sia un fatto caratteriale, ma un fatto di approccio al lavoro. Se lo si interpreta come quello di un robot, allora non fa la differenza nulla: né che una cliente sia una cliente affezionata, né che l’errore sia stato commesso dal supermercato. Nulla fa la differenza. E tutto si riduce ad un semplice ragionamento: “Mi hai chiesto una busta in più? Te la do se me la paghi” Anzi mi stai anche costringendo a fare un ulteriore sforzo perché ora devo inserire in cassa un pagamento di 10 centesimi effettuato con modalità diversa da quello con cui hai pagato il resto della spesa.

Se io fossi stata sulla stessa lunghezza d’onda della cassiera avrei dovuto farle togliere dal conto il pane, oppure pretendere che mi fosse cambiata la confezione, facendo perdere tempo alle persone in attesa che mi avrebbero guardato in cagnesco.

Ho preferito quella che mi sembrava la soluzione più semplice. Non ho costretto la cassiera a togliere il pane dal conto, non ho fatto perdere tempo alle persone in fila, e alla fine ci ho rimesso 10 centesimi. 

La cassiera in questione si è comportata come se fosse un robot, non ha tenuto conto di tutte le considerazioni summenzionate, ed il risultato è stata una customer experience pessima. Sono uscita dal supermercato con la percezione che i miei problemi come cliente non solo non esistevano agli occhi della cassiera, ma se volevo risolverli dovevo anche pagare! 

 

L’innovazione è l’evoluzione del vecchio mondo del lavoro, oramai obsoleto. Non un gioco per ragazzi nerd.

Ci sono due anime nelle aziende odierne: quella che fa innovazione e quella ancorata a vecchie concezioni del lavoro, senza le quali sarebbe difficile andare avanti, ma che hanno ragione di sussistere solo perché senza di esse non ci sarebbe stata l’evoluzione attuale. Del resto da bambini poi si diventa adulti.

Il fatto è che l’innovazione vista come evoluzione dovrebbe essere naturale, dovrebbe essere lo step successivo, quello più maturo, quello che lentamente abbandona le paure e le paturnie adolescenziali per fare posto ad un modus operandi più consapevole.

Invece in Italia abbiamo ancora questa visione ingenua dell’innovazione:  non è sinonimo di evoluzione, al contrario essa è sinonimo di giovane, startup, sperimentale. Mentre il vero lavoro è quello alla vecchia maniera, dove si timbra il cartellino e si aspetta che l’orario finisca per tornare a casa, e poi si aspetta il 27 del mese per la pagnotta. Poi tutto quello che è brio, adrenalina, eccitazione, resta fuori dalla porta dei nostri uffici; lo trovi nella vita personale, con gli amici, con i figli, i compagni, le mogli e i mariti. 

Costoro che lavorano seriamente, sono quelli che, quando gli parli di startup o innovazione, sorridono perché per loro sono dei giocattoli nuovi.  A parole sono promotori di ciò che è innovativo, ma con la testa pensano che di fatto sia una cosa che non fa parte del loro mondo. Se tutti l’avessero pensata così allora questi signori e queste signore non girerebbero oggi con gli smartphone, non avrebbero un profilo instagram, non acquisterebbero su Amazon e via discorrendo.

La mentalità è più forte di qualsiasi innovazione; quest’ultima richiede un grande sforzo, una revolution del proprio pensiero non indifferente; vuol dire mettersi in gioco, pensare al proprio lavoro come ad una sfida costante, adrenalinica, entusiasmante. Entrare in ufficio come i bambini quando entrano in gelateria, con gli occhi brillanti, perché chissà quale goduria ci aspetta.

Si, è un approccio al lavoro diverso. Ma è questo l’approccio vero, consapevole, maturo. L’approccio di chi il proprio lavoro lo guarda dal di dentro, ne vede le bellezze e le brutture e ci ragiona sopra per provvedere a risolverle, laddove può. 

Buona innovazione a tutti!